Gli effetti dell'inquinamento elettromagnetico sull'uomo

Gli effetti dell’inquinamento elettromagnetico sull’uomo.

Con il termine inquinamento elettromagnetico o il suo più diffuso sinonimo “elettrosmog”, si  intende la relazione tra esposizione ai campi elettromagnetici e la salute umana.

 

L’opinione pubblica ha maturato negli ultimi anni una forte sensibilità e da numerose organizzazioni  sono state espresse notevoli preoccupazioni  per la salute dei cittadini. La consapevolezza di un rischio per la salute è oggi assai maggiore che nel passato e finanche l’Organizzazione Mondiale della Sanità  (OMS)delle Nazioni Uniteinserisce nella classe 2B, classe cancerogena possibile per l’uomo gli effetti dei campi elettromagnetici.

 

Di seguito sono riportate le conclusioni di una articolata relazione del Prof. A.G. Levis, già ordinario di “Citogenetica e mutagenesi ambientale” all’Università di Padova, legato a organizzazioni scientifiche nazionali e internazionali (ISS – Istituto superiore di sanità, OMS – Organizzazione mondiale della sanità) e presidente dell’associazione padovana per la prevenzione e lotta all’elettrosmog A.P.P.L.E[1].

 

Glossario dei termini abbreviati nella relazione:

RF = radiofrequenza; MO = microonde; CEM = campi elettromagnetici; EM = elettromagnetici

 

 

 

La telefonia cellulare è una tecnologia importante che, sviluppatasi in maniera tumultuosa soprattutto negli ultimi 10 anni, ha ancora enormi possibilità di espansione: basti pensare alla terza generazione di cellulari (UMTS), che prevede l’utilizzo di nuove antenne e stazioni radio-base e di nuove frequenze finora non presenti nell’ambiente, e all’ingresso nel mercato mondiale di nuovi gestori e di nuovi utenti. Solo negli Stati Uniti circa 80 milioni di persone utilizzavano nel 2000 il cellulare, con un ritmo di entrata di decine di migliaia di nuovi utenti ogni giorno (32), mentre in Italia ci sono oggi più di 30 milioni di cellulari serviti da circa 25.000 stazioni radio-base, e un raddoppio di questi numeri è atteso entro il prossimo biennio. Se l’esposizione alle MO usate per la telefonia cellulare risultasse associata ad un aumento anche lieve di qualche tipo di effetto dannoso per la salute dell’uomo, anche non particolarmente rilevante, l’enorme numero degli utenti e la presenza ormai ubiquitaria di emissioni EM di significativa intensità, caratterizzate da una larga gamma di frequenze comprendenti quelle estremamente basse, ELF, prodotte dai sistemi di modulazione in uso, e particolarmente “bioattive”, potrebbero dar luogo a un problema sanitario potenzialmente molto grave.

 

Come sempre avviene quando la scienza comincia ad indagare i possibili effetti dannosi dovuti all’uso di prodotti dietro ai quali si nascondono interessi economici enormi e planetari (si pensi al tabacco, all’amianto, al cloruro di vinile e, più in generale, al settore della plastica), anche nel caso delle RF/MO la letteratura scientifica sull’argomento risente dei condizionamenti esercitati dai produttori mediante finanziamenti mirati, controllo dei risultati, influenze politiche e altre pratiche ormai ben collaudate, quali regalie, campagne mediatiche, informazioni riservate, ecc. Non è certo un caso che gli studi finanziati dai gestori o dai produttori abbiano dato risultati sistematicamente negativi anche per quanto riguarda i possibili danni alla salute umana prodotti dall’esposizione a RF/MO. Anche se tali studi si rivelano inconsistenti ad un esame approfondito, essi finiscono col rendere confuso e contraddittorio il quadro complessivo, pure in presenza di una sovrabbondanza di dati positivi prodotti tramite ricerche “indipendenti”. Esempi illuminanti di ”risultati condizionati e condizionanti” sono, per quanto riguarda la telefonia cellulare, parte dei dati sui tumori indotti sull’uomo, sugli effetti genetici e sulla elettrosensibilità.

 

A fronte di una massa veramente considerevole di dati sperimentali che mettono in evidenza effetti biologici e sanitari e possibili meccanismi d’azione a livello molecolare, cellulare e fisiologico delle RF/MO accumulatisi negli ultimi anni, appare oggi insostenibile e assolutamente ingiustificata la posizione dell’OMS fondata sui rapporti scientifici dell’ICNIRP del ’96 (e del ’98, ma di fatto ferma a linee-guida fissate alla fine degli anni ’80. Tali linee-guida, infatti, si basano, ai fini della definizione dei limiti di esposizione: a) solo sugli effetti sanitari, ignorando quindi i dati biologici che li sottendono e che ne chiariscono i meccanismi di induzione; b) solo sugli effetti definitivamente accertati, in deroga a quanto previsto dal Principio di Precauzione, che avrebbe invece dovuto essere proprio il fondamento della politica cautelativa dell’OMS e della Comunità Europea; c) solo sugli effetti di natura termica, mentre ormai sono ben documentati effetti “non termici” o “a intensità particolarmente basse”; d) solo sugli effetti acuti, a breve termine, a dispetto dei dati documentati nella letteratura, relativi ad effetti cronici, a lungo termine, in particolare genetici e cancerogenetici.

 

Il Principio di Precauzione, nato all’interno di tematiche strettamente ambientali (Rio de Janeiro, 1992) ed entrato a far parte del Trattato Costitutivo dell’Unione Europea (Maastricht, 1994), nella sua estensione agli aspetti sanitari risponde a una politica di gestione del rischio che si applica in circostanze con un grado elevato di incertezza nei dati scientifici, e riflette la necessità di intraprendere iniziative atte a limitare un rischio potenziale serio, senza dover aspettare il risultato delle ricerche scientifiche. In sostanza esso suggerisce di adottare misure per prevenire un danno, anche quando non si è del tutto certi che tale danno si verificherà.

 

Il Principio di Precauzione si è posto dunque come causa di trasformazione del cosiddetto “diritto positivo”, che aveva sempre recepito le scoperte scientifiche man mano che queste andavano affermandosi. L’esperienza del diritto positivo, in costante e sempre successivo inseguimento delle scoperte scientifiche, dovrebbe essere ormai finita. L’ordinamento ha cambiato tecnica di tutela e protezione a causa della parossistica accelerazione delle scoperte scientifiche, soprattutto in campo biomedico. Non più la creazione di norme ad hoc per ogni scoperta, norme che necessariamente arrivano dopo la scoperta, quando i danni sono già prodotti, ma la creazione di un principio unico, quello di precauzione appunto, che consente all’ordinamento nel suo complesso di garantire, ed ai singoli soggetti giuridici di ottenere una protezione in via preventiva e sostanziale.

 

Aderendo a questa impostazione, il Principio di Precauzione è stato ben incorporato nelle nostre normative nazionale e regionali sulle esposizioni a onde EM, in particolare alle RF e alle MO. Da ciò è derivata anche la necessità di tutelare la salute, soprattutto dei soggetti più sensibili (bambini, anziani, malati) mediante il perseguimento di “obiettivi di qualità” che minimizzino le esposizioni, anche a valori inferiori a quelli raggiungibili in base ai limiti di esposizione e ai valori di cautela. Inoltre, coerentemente con i principi suesposti, la Magistratura Italiana di ogni ordine e grado ha ritenuto, anche in merito a situazioni riguardanti l’inquinamento EM, di dover tutelare preventivamente il diritto prioritario alla salute e all’integrità fisica dei cittadini a fronte della documentazione scientifica di possibili incrementi di rischio, anche quando non siano superati i limiti fissati dalle leggi in quel momento in vigore.

Trattamenti sperimentali di animali da laboratorio e di volontari umani con MO alle frequenze tipiche della telefonia cellulare (400, 950, 1.800, 2.450 MHz) dimostrano l’induzione di una varietà di effetti biologici tra i quali i più significativi sono i seguenti:

  • Alterazioni della permeabilità della barriera emato-encefalica; della funzionalità dei recettori e dei neurotrasmettitori cerebrali; della morfologia e della biochimica dei neuroni centrali; del flusso sanguigno cerebrale;
  • modificazioni della conduzione nervosa nel cranio; dell’attività bioelettrica del cervello;
  • cambiamenti della risposta ai farmaci che agiscono sul sistema nervoso; delle risposte a condizioni di stress; dell’apprendimento e della memoria;
  • induzione di danni al DNA, accumulo di radicali liberi, accelerazione del processo di apoptosi (morte cellulare programmata) nelle cellule cerebrali;
  • effetti sulla moltiplicazione cellulare;
  • inibizione della sintesi della melatonina.

E’ stato dimostrato che gli effetti sopra indicati:

  • possono essere indotti specificatamente da determinate frequenze nell’ambito delle MO usate nella telefonia cellulare;
  • più in generale, variano quantitativamente col variare delle frequenze di irradiazione EM;
  • sono cumulativi, permangono per un certo tempo anche cessata l’irradiazione; e, dopo irradiazioni ripetute, possono diventare irreversibili;
  • possono essere indotti a intensità EM estremamente basse, inferiori anche di 2-3 ordini di grandezza ai valori di SAR suggeriti dall’ICNIRP/OMS/CE (0.08 W/Kg, corrispondenti a 27, 41 e 58 V/m rispettivamente a 400, 950 e 1.800 MHz), e inferiori anche 1-2 ordini di 97

grandezza ai limiti di esposizione (20 V/m) e ai valori di cautela (6 V/m) previsti dalla legislazione italiana;

  • comunque sono dimostrabili a intensità EM talmente basse da non indurre alcun rialzo termico misurabile nei tessuti irradiati;
  • risentono della “forma” dell’onda EM, in particolare della modulazione o pulsazione dei segnali (frequenze) usati nella telefonia cellulare, perché queste generano, accanto alle MO “portanti”, frequenze estremamente basse (ELF), alcune delle quali sono particolarmente “bioattive” perché sono coincidenti o estremamente simili alle frequenze biologiche che svolgono ruoli essenziali a livello del cervello, del sistema nervoso centrale e periferico, del cuore, dei muscoli, delle membrane cellulari, dell’equilibrio ionico, del metabolismo cellulare, in definitiva dell’equilibrio omeostatico di ciascun essere vivente.

Gli effetti molecolari, biochimici, cellulari e fisiologici sopra riportati possono essere alla base di molte delle manifestazioni acute, correlate all’esposizione a RF/MO, che caratterizzano la cosiddetta “sindrome da elettrosensibilità” Tale sindrome:

  • è caratterizzata da una varietà di sintomi a carico: a) del sistema nervoso (astenia psicologica anche intensa, apatia, difficoltà nell’elaborazione del pensiero e nella capacità di concentrazione, perdita della memoria, irritabilità, ansietà, instabilità dell’umore, depressione, cefalea, vertigini, disturbi del sonno e del ritmo sonno-veglia); b) del sistema cardio-circolatorio (aritmie, tachicardia, palpitazioni, modificazioni della pressione arteriosa e del flusso sanguigno periferico); c) del sistema muscolare (astenia muscolare, disestesie di vario tipo specie alle estremità, mialgie agli arti); d) della cute (eritemi, prurito, dolore di tipo puntorio, bruciori, alterazioni della termoregolazione spesso con sudorazione diffusa); e) dell’udito, della vista, dell’olfatto, dell’apparato digerente;
  • sulla base di dati epidemiologici recenti risulta correlata, con rapporto causa-effetto, all’esposizione alle emissioni EM dei telefoni cellulari e delle relative antenne e stazioni radio-base: in quest’ultimo caso, molte delle sintomatologie descritte persistono nelle persone residenti anche a distanze considerevoli (fino a 200 metri) dalle antenne.

Per quanto riguarda la capacità delle RF/MO di indurre danni genetici, diverse ricerche hanno dimostrato che:

  • MO delle frequenze usate nella telefonia cellulare (UMTS: 2.450 MHz) inducono rotture del singolo o del doppio filamento del DNA in cellule di mammifero coltivate in vitro e in cellule cerebrali di ratti irradiate in vivo, probabilmente come conseguenza dell’inibizione dei meccanismi di riparazione dei danni e della produzione di radicali liberi;
  • anche la funzionalità del DNA viene alterata: diversi “proto-oncogeni” e “oncogeni” tumorali vengono infatti attivati dopo irradiazione con MO (800-1.000 MHz), in condizioni che non producono alcun rialzo termico, in cellule di mammifero coltivate in vitro;
  • aberrazioni cromosomiche classiche, dello stesso tipo di quelle indotte da radiazioni ionizzanti, e anche “micro-nuclei” (conseguenti a rotture cromosomiche o anomalie nella migrazione mitotica di interi cromosomi) e “scambi tra cromatidi fratelli” (segno di riparazione anomala dei danni cromosomici), vengono indotti da MO (950, 1.350, 2.450 MHz) in cellule di mammifero e in linfociti umani coltivati in vitro, in condizioni costanti di temperatura;
  • effetti sinergici (moltiplicativi) a livello cromosomico vengono indotti irradiando le cellule con MO, in presenza di vari cancerogeni chimici genotossici;
  • un aumento significativo di aberrazioni cromosomiche si verifica in linfociti del sangue periferico di soggetti umani, professionalmente esposti a MO (radar), in eritrociti periferici di bovini allevati in prossimità di una stazione a RF (160 MHz), e in cellule vegetali esposte “in situ” alle RF emesse da una stazione radiotrasmittente, a intensità particolarmente basse (1-3 V/m) e in assenza di rialzo termico;
  • grossi danni cromosomici vengono indotti in topi irradiati con MO (2.450 MHz), come dimostrato dall’aumento di “letali dominanti” e di anomalie dello sperma.

5) Per quanto riguarda gli effetti cancerogeni delle RF/MO su sistemi sperimentali in vitro e in vivo  è stato dimostrato che:

  • MO delle frequenze usate nella telefonia cellulare (2.450 MHz), oltre che attivare “proto-oncogeni” e “oncogeni tumorali” (v. punto 4 qui sopra), stimolano la proliferazione di cellule cancerose e sono in grado di aumentare la frequenza di trasformazione neoplastica in vitro: quest’ultimo effetto risulta particolarmente evidente in presenza di “promotori” tumorali di natura chimica, ed è additivo dell’effetto provocato da cancerogeni genotossici, segno che, in queste condizioni le MO funzionano, oltre che da “iniziatori”, anche come agenti “co-promotori” e “co-cancerogeni”;
  • MO (1.840 MHz) inducono e promuovono tumori cerebrali in ratti adulti, ed anche in embrioni di ratti “in utero”, cronicamente irradiati;
  • un effetto di promozione si verifica nel topo anche per quanto riguarda tumori della pelle, della mammella e linfomi;
  • MO pulsate emesse da un telefono digitale GSM provocano un aumento significativo di linfomi in topi transgenici che esprimono un “oncogene” attivato nelle cellule linfoidi, anche se l’irradiazione (cronica) avviene “in campo lontano”, cioè a distanze maggiori rispetto a quelle tra la testa e il cellulare durante una conversazione telefonica.

6) Una revisione particolarmente accurata e critica dei risultati delle indagini epidemiologiche sugli effetti cancerogeni di RF e MO in popolazioni umane esposte, nonostante i molti limiti metodologici che caratterizzano questo tipo di ricerche, permette di stabilire che:

  • vari studi mettono in evidenza correlazioni statisticamente significative tra esposizioni occupazionali a RF e MO (radar) e aumento di incidenza di vari tipi di tumori, soprattutto leucemie e tumori del sistema linfatico, ma anche tumori del cervello, dell’occhio, del testicolo, della mammella e dell’utero;
  • alcuni studi su esposizioni residenziali a RF (impianti per telecomunicazioni militari, stazioni radio-TV) mettono in evidenza aumenti statisticamente significativi della frequenza di leucemie infantili, leucemie e linfomi in adulti, e “trends” positivi per melanoma, tumore alla vescica e tumori cerebrali negli adulti ;
  • due unici studi epidemiologici “indipendenti” (finanziati da Enti statali) su utilizzatori di telefoni cellulari suggeriscono incrementi statisticamente significativi di tumori cerebrali “ipsilaterali”, cioè sullo stesso lato usato per le telefonate, e di un raro tipo di tumore nell’uomo, il melanoma uveale dell’occhio;
  • nessuna indagine epidemiologica è stata condotta finora per quanto riguarda la possibile correlazione tra esposizione alle MO emesse da antenne e stazioni radio-base per la telefonia cellulare e tumori nelle popolazioni residenti nelle prossimità di queste; su questo tema esistono solo segnalazioni aneddotiche.

[1] L’intera relazione unitamente agli allegati  è pubblicata  sul sito della Associazione  A.P.P.L.E.  – www.applelettrosmog.it nella sezione “Documenti” in formato Adobe Acrobat.

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